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autore
brano
 
Cicerone
De Natura Deorum, I, 105
 
originale
 
[105] Sic enim dicebas speciem dei percipi cogitatione, non sensu nec esse in ea ullam soliditatem neque eandem ad numerum permanere eamque esse eius visionem, ut similitudine et transitione cernatur, neque deficiat umquam ex infinitis corporibus similium accessio, ex eoque fieri, ut in haec intenta mens nostra beatam illam naturam et sempiternam putet. Hoc, per ipsos deos, de quibus loquimur, quale tandem est? Nam si tantum modo ad cogitationem valent nec habent ullam soliditatem nec eminentiam, quid interest, utrum de hippocentauro an de deo cogitemus; omnem enim talem conformationem animi ceteri philosophi motum inanem vocant, vos autem adventum in animos et introitum imaginum dicitis.
 
traduzione
 
105. Questo ? quanto sei venuto dicendo: l'immagine della divinit? la si pu? percepire col pensiero, ma non coi sensi; essa non ha alcuna solida consistenza n? si mantiene quantitativamente uguale; la si vede soltanto attraverso una successione ininterrotta di immagini uguali determinate dall'inesauribile affluire di masse atomiche identiche; di qui la conseguenza che la mente dell'uomo, concentrando la sua attenzione su queste immagini, concepisce l'idea di un essere eterno e felice. Ma, in nome degli d?i di cui stiamo parlando, che faccenda ? mai questa? Se gli d?i influenzano solo il nostro pensiero e non hanno n? solida consistenza n? contorni definiti che differenza c'? fra l'idea di un ippocentauro e quella di un dio? Gli altri filosofi danno a siffatte rappresentazioni mentali il nome di mere immaginazioni, voi invece parlate di immagini che raggiungerebbero e penetrerebbero nel nostro spirito.
 

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